di VALERIA MARINACCI

Ai miei tempi, i piatti che più comunamente trovavi in tavola, erano gli gnocchi, la pasta con le patate e quelli che noi a Picenze chiamiamo “tritoli”. Una pasta ammassata che si fa in modo che venga molto dura e che dopo si stritola con le mani. Si facevano maggiormente nei giorni di festa, magari accompagnati da un pollo. Nei giorni normali invece, essendo impegnato con gli animali e l’orto, si mangiava un pezzo di formaggio o altro. Prima si mangiava così e si stava bene. Adesso è diverso. Forse è un po’ troppo. Ma noi siamo cresciuti con questa poca roba. Quello che mangiavamo era tutta roba naturale e non si ammalava nessuno.
Andavamo spesso in campagna perché quasi tutti avevano un pezzo di orto. Coltivavamo pomodori, patate e altri tipi di verdure come zucchine, melanzane, peperoni e cetrioli. C’era anche chi metteva i cocomeri. Per esempio, nonno li metteva, ma la notte dopo se li andavano subito a rubare.

Diciamo che la nostra cucina era questa. Un altro piatto tipico erano le minestre. Se ne facevano tante. La domenica si ammassava e si faceva la pasta. Solitamente i maltagliati o le fettuccine. Poi si faceva anche del sugo che veniva condito con dei pezzi di lardo di maiale, oppure con dei pezzi di pollo o di salsiccia. In alternativa della pasta si scaldavano le patate al fuoco e si condivano con prezzemolo, aglio e olio. Erano molto presenti anche le mandorle, con le quali ci si facevano i dolci, come gli amaretti. Ma non solo. Si vendevano pure per farci qualche soldino o fare scambio con sale e zucchero. I dolci si facevano, solitamente, a Pasqua. Quando andavi a trovare qualcuno. Era tipico portare in regalo del pane e dei dolci. Di frutta ce ne era veramente tanta. Pesche, ciliegie, uva e tante altre. Alcuni la coltivavano per venderla.
Le farine che si utilizzano oggi sono mischiate, non sono farine di grano come quelle che facevamo noi in passato. Noi ammassavamo sempre. Tutto il paese. Perché ti potevi permettere di comprare un po’ di pasta raramente.
Mio padre andava a lavorare dalla mattina alla sera a Pescomaggiore. Quando tornava era stanco e facevamo la polenta oppure qualche minestrone.
Prima era davvero bello. Ricordo che, quando andavo a San Martino, c’era una signora che si chiamava “Menina” e lei, insieme a tante altre signore, passavano il tempo di sera a scambiare due chiacchiere. Raccontavano storie antiche e ti veniva voglia di ascoltarle.
Io sono una signora che si è sempre mangiata tutto. Il mio piatto preferito è la polenta e ancora oggi la cucino. Un piatto tipico per Picenze può essere i “tritoli” o gli “spizzichi”, un’altra pasta ammassata che si spizzica con le mani.