IL DIVERTIMENTO DI UNA VOLTA A PICENZE

di LUIGI MARINUCCI

Quando ero giovane ci divertivamo costruendoci da soli dei giocattoli, come per esempio il monopattino che noi, allora, chiamavamo “carrozza”. Lo facevamo prendendo due cuscinetti di qualche vecchio motore, una tavola da mettere in mezzo per sedersi e un manubrio da mettere avanti. Non era dotato di freno e l’unico modo che avevi per rallentare era strusciando le scarpe sull’asfalto. Infatti, bisognava stare molto attenti a non farsi male.

Altri giochi erano nascondino, la campagna, oppure, recuperando i cerchi delle bici e levandoci i raggi, ci si attaccava una stanghetta e lo si faceva correre.
Quando capitava di avere qualche moneta si facevano alcuni giochi con esse in cui venivano lanciate.
Diventando adolescente, i passatempi cambiarono. Ogni ragazzo o ragazza, a giro, dava la disponibilità per andare a casa sua. Lì, ballavamo e suonavamo la fisarmonica.

Prima non c’era molto libertà e se avessi voluto portare una ragazza a ballare con te avresti dovuto prima chiedere il permesso ai suoi genitori. Talvolta poteva capitare che suo padre ti dava il permesso, ma alla condizione che ci doveva essere anche lui. Il problema era che, se c’erano già una ventina di ragazzi, sommandoci i genitori, qualsiasi stanza non era abbastanza grande per contenere tutti.

Ricordo che, quando eravamo ragazzi, andavamo a recuperare le cartucce che non erano esplose alla festa del paese e ci prendevamo la polvere da sparo. Quando c’era un matrimonio, prendevamo questa polvere e la mettevamo a terra. Dopodiché ci mettevamo un tappo sopra e, dandogli una botta ad un lato, la polvere esplodeva facendo così uno sparo.

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