PICENZE: ANNO DOPO ANNO

Picenze, insieme ad altre località nelle vicinanze, nel lontano passato risalente all’epoca pre-romana aveva formato un insediamento chiamato Pagus Frentanus o Fren(e)tanus come testimoniano il ritrovamento di armi, oggetti e costruzioni in pietra.
Territorio importante già dall’antichità, era caratterizzato dalla presenza di numerose vie commerciali strategiche per l’economia del periodo.

La decadenza economica arriva intorno alla fine del X secolo, effetto di lungo periodo a seguito della caduta dell’Impero Romano d’Occidente, ha visto l’affermarsi del “sistema chiuso” delle curtis in grado di garantire comunque la sopravvivenza della popolazione minacciata dalle scorribande saracene.

La venuta dei Normanni nell’XI secolo ha cambiato “il volto” del territorio grazie alla riunificazione dei vasti territori collinari e montani della zona e a significativi cambiamenti nell’economia feudale con la ripresa della transumanza.

Il successivo fenomeno dell’incastellamento, testimoniato ancora oggi dalla torre medievale che si trova sul Monte Picenze, ha lasciato tracce indelebili sul territorio segnandone l'identità per i secoli successivi.
Picenze ha preso parte alla fondazione della città di Aquila (avvenuta nel 1254) insieme alle comunità provenienti da altri borghi del contado circostante noti come “castelli”. Sebbene impegnati in questo processo le singole comunità rimasero legate ai borghi d'origine. I cittadini dei castelli che abitavano in città venivano chiamati "intra moenia", mentre quelli che, al contrario, erano rimasti nei borghi d'appartenenza, venivano chiamati "extra moenia".

Nel 1266 Carlo d’Angiò stabilì che ogni Universitas (termine latino per “castello”) potesse eleggere un proprio sindaco. Il loro insieme formava la camera dell’Aquila.
Il territorio della nascente città fu diviso in lotti che vennero assegnati ai castelli fondatori per procedere all’edificazione. A tal proposito era stata prevista una sorta di “tassa di fondazione” il cui importo era stabilito sulla base del numero delle famiglie che intendevano trasferirsi, all’epoca chiamate fuochi.

Il lotto intra moenia (dentro le mura) divenne il centro della nascente città ed era “dotato” di una chiesa, una fontana e di una piazza ancora oggi presente nel centro storico del Capoluogo abruzzese.

A Carlo II si deve la fusione dei lotti in “quarti” (ossia la suddivisione della città in quattro grandi zone di influenza) sulla base dei contadi circostanti (vago). Questo processo di aggregazione ha rafforzato nel corso del tempo il senso di appartenenza degli abitanti di Aquila nei riguardi del castello di provenienza (fenomeno piuttosto singolare per l'Italia dell'epoca)
Il quarto era "rappresentato" da un palazzo nobiliare, con una piazza, una porta e le chiese dei lotti più importanti (probabilmente Santa Giusta extra moenia di Bazzano per Picenze)
Il castello di Picenze viene citato in testi quali "Della guerra dell'Aquila con Braccio di Montone" (N. Ciminelli) che narra le vicende comprese tra il 1423 e il 1424 e "Annali della città dell'Aquila" (B. Cirillo) il quale ci dà informazioni sugli accadimenti del 1570.

Tra il 1423 e il 1424 la Città (in particolare) e i centri abitati del circondario ricevettero dei privilegi dalla regina Giovanna II d'Angiò che portarono sviluppo sia economico che sociale. In pochi anni divenne la seconda città del regno di Napoli, grazie a scambi commerciali e culturali.


Verso la fine del '400 vari castelli, tra cui quello di Picenze, si ribellarono contro la città dell'Aquila per liberarsi dalle vessazioni fiscali ottenendo, successivamente, quanto voluto dal sovrano dell'epoca, Ferrante d’Aragona. I risultati ottenuti furono tuttavia di breve durata. Nell'arco di qualche tempo i "castelli ribelli" dovettero di nuovo giurare fedeltà alla Camera di Aquila unitamente al pagamento di mille once d’oro e alla rinuncia di qualsiasi privilegio.

Il '500 si apre con un periodo di crisi demografica dovuta alla forte depressione economica avutasi a seguito della scriteriata dominazione spagnola completamente insensibile verso le richieste e le necessità del territorio allora controllato. Le epidemie in circolazione all'epoca dei fatti hanno inoltre contribuito negativamente allo spopolamento di territori già duramente provati dall'occupazione straniera.

Il secolo, già negativamente segnato dai suoi primi anni, ha visto successivamente la rivolta dei castelli di Aquila contro le truppe spagnole. Per ritorsione a tali comportamenti, su ordine del viceré spagnolo Filippo d’Orange, le terre del contado vennero assegnate ai capitani di stanza presso la città di Aquila interrompendo in questo modo i legami tra il principale centro abitato e il suo contado.

Gli abitanti di Picenze, date le gravi condizioni in cui versavano, furono così nuovamente obbligati ad occuparsi del mantenimento e del sostentamento del barone locale e della sua famiglia. L'obbligo venne successivamente cambiato, per decisione del barone stesso, con un versamento di 30 ducati l'anno fino al 1573, quando questo obbligo fu rimosso.

Alla fine del Cinquecento Picenze per essersi schierata al fianco di alcune figure del Carmelengo e dei Massaro e ad un sindaco in possesso di pubblici poteri rescisse i suoi legami con il contado aquilano.

Non si hanno molte notizie fino al ‘600 quando il territorio di Picenze fu venduto per 6000 ducati dall’allora barone Pompeo Bernali ad un suo omologo.

Si ipotizza che tra i vari passaggi di proprietà, abbastanza complessi nella loro ricostruzione, Picenze sia successivamente appartenuta anche ad alcuni marchesi e al duca di San Demetrio.
Lo scenario di incertezza presentatosi nel Seicento si verificò nuovamente nel secolo seguente a causa del terremoto del 2 febbraio 1703 che segnò in maniera molto marcata il territorio aquilano.
Ciò ha finito per “complicare” le alterne vicende legate alla successione del territorio di Picenze. Le prime notizie note dopo il sisma danno Picenze come possedimento di un nobile napoletano Filippo Arcamone passato – dopo un periodo di permanenza all’interno della stessa famiglia – nelle mani degli Arcamone fino al periodo napoleonico con l’abolizione della feudalità a inizio ‘800.

Al sovrano Giuseppe Napoleone si deve la riorganizzazione del territorio a causa di un provvedimento che ha comportato su larga scala la divisione del regno in 13 province e di queste ultime in distretti, in subordine ordinati in Universitas. Picenze rientra in questo modo nella provincia di Aquila riordinata in tre ville denominate: San Martino, Villa di Mezzo e Petogna.

Le successive modifiche del decreto regio stabilirono che ogni distretto fosse diviso in “governi” - i comuni più piccoli furono riuniti a quelli più grandi. Picenze venne aggregata al governo di Barisciano diventando frazione.

In tempi recenti, a partire dal ‘900, pur in presenza dei “fenomeni storici” già osservati il nostro territorio è stato segnato da una forte emigrazione, principalmente verso il Nuovo continente, e dal ruolo preponderante dell’economia rurale per il sostentamento della popolazione. Ciò ha comportato uno stato molto simile a quello di una sorta di “lotta per la sopravvivenza”.

Negli anni settanta e ottanta, con l'arrivo di alcune industrie a L'Aquila, molti giovani hanno trovato lavoro, favorendo così la permanenza nel territorio.
Oggi Picenze è un paese, frazione di Barisciano che comprende intorno ai 500 abitanti. Questo dato è sceso dopo il terremoto del 6 aprile 2009 che ha fatto tornare a tremare L'Aquila.



TESTI E FONTI

- " Storia di Villavallelonga " | Leucio Palozzi | 1982 - 1987

- " Annali della città dell’Aquila " | Bernardino Cirillo | 1570

- " Antiquitates Italicae Medii Aevi, sive, Dissertationes de moribus, ritibus, religione, regimine, magistratibus, legibus, studiis literarum, artibus, lingua, militia, nummis, principibus, libertate, servitute, foederibus, aliisque faciem & mores Italici populi referentibus post declinationem Rom. Imp. ad annum usque MD : omnia illustrantur et confirmantur ingenti copia diplomatum et chartarum veterum, nunc primùm ex archivis Italiae depromtarum, additis etiam nummis, chronicis, aliisque monumentis nunquam antea editis “
vol. 17 | 1773 - 1780 | Muratori - Lodovico Antonio

- " I monti d’oro: identità urbana e conflitti territoriali nella storia dell’Aquila medievale"
Maria Rita Berardi | 2005

- " Cronaca aquilana rimata di Buccio di Ranallo di Popplito di Aquila "
Vincenzo De Bartholomaeis | Roma - 1907

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