PICENZE DURANTE LA GUERRA

di GINO SPERANZA

Una mattina a Picenze arrivarono i tedeschi e bloccarono tutte le strade. Non ci fecero nulla, ma eravamo comunque spaventati. Avevano chiuso le strade perché erano venuti a sapere che alcune famiglie ospitavano tre rifugiati Inglesi. Successivamente li cercarono ma non li trovarono.
Per paura di questi soldati stranieri, ogni famiglia aveva costruito una grotta dove potersi rifugiare nel caso ce ne fosse bisogno. Ancora oggi, se si scala il monte di Picenze, se ne possono ritrovare tante. Ci abbiamo dormito parecchie volte. Inoltre, abbiamo fatto dei recinti per tenere il proprio bestiame. Eravamo contadini e sopravvivevamo con ciò che producevamo.
Da noi non ci furono morti, ma nei paesi dintorni sì. Ricordo che a Filetto, quando un cittadino sfidò un soldato tedesco, vennero uccise molte persone. A Onna ci fu una strage che iniziò perché un cittadino non volle dare un cavallo ad uno di loro.
A Poggio, quando morì un soldato tedesco, successe un disastro. Colui che all’ora si occupava delle casse per i defunti fece un bel casino. Gli venne la folle idea di rubare i vestiti al morto. Il giorno dopo, quando lo videro i compagni, decisero di giustiziare a modo loro il becchino uccidendolo di fronte alla folla.

Una volta a Picenze c’erano tre torri, adesso essendo crollate, ne è rimasta una. I tedeschi distrussero alcune cose nel paese. Per esempio, fecero saltare delle grotte.
A me personalmente successe una disgrazia quando ero piccolo. Un giorno stavo pascolando delle vacche e vidi una scatoletta per terra. Per paura che le bestie si potessero ferire, decisi di prenderla ma quando la tirai mi esplose in mano. Il fatto successe verso le undici di mattina e non passavano molte macchine lungo la via dove mi ero ferito. Fortunatamente passò una macchina inglese che, vedendomi, mi soccorse e mi portò all’ospedale. Inizialmente mi dovevano amputare tre dita, ma siccome era passato molto tempo, per paura di soccombere in rischi maggiori, mi amputarono tutta la mano.
A causa del mio infortunio, mi mandarono per molti anni a lavorare a Torino nelle ferrovie. Andando in pensione sono tornato nel piccolo Picenze.

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