La storia di un giovane soldato di Picenze

Il protagonista di questa storia è un giovane soldato, originario di Picenze, che morì in un campo di concentramento dell’Unione Sovietica durante la Seconda Guerra Mondiale.

Parliamo del campo di prigionia di Tiomnikov, situato nella regione di Mordovia, allora parte dell’Unione Sovietica. Era uno dei tanti luoghi di lavoro forzato, gestiti dal sistema GuLag sovietico – l’organo che gestiva i vari campi.

In queste zone di prigionia sovietiche erano detenuti, principalmente, i prigionieri di guerra, i dissidenti politici e, in generale, tutti coloro che il regime sovietico considerava una minaccia. Tra questi vi erano anche soldati italiani che vennero catturati dopo l’8 settembre 1943, quando l’Italia firmò l’armistizio con gli Alleati.

Coloro che venivano deportati in queste realtà erano costretti a lavorare nelle foreste, nell’agricoltura o nelle industrie locali, in condizioni climatiche e alimentari pessime. Molti prigionieri italiani persero la vita in quegli inferni.

Tra questi vi è il nostro compaesano: Francesco Piccinini, nato il 3 settembre 1920 e morto prigioniero nel campo di Tiomnikov il 2 febbraio 1943.

Grazie alle informazioni pervenute da Genuino Battistella, pronipote del soldato di cui si parla, sappiamo che si ebbero notizie del giovane fino al 28/12/1942, quando scrisse una lettera alla madre, Vincenza Bonomo, nel corso di un’offensiva.

Tra dicembre 1942 e gennaio 1943 ci fu, infatti, l'offensiva russa sul Don; in condizioni climatiche proibitive (neve alta e temperature tra i -35° e i -42°), con pochi mezzi di trasporto e vestiario insufficiente, molti non riuscirono a mettersi in salvo. Fu quindi catturato e condotto a Temnikov, ma le probabili precarie condizioni di salute non gli permisero di sopravvivere, come purtroppo accadde ad altri con lui.

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