Originata lungo la statale 17 probabilmente quale stazione di posta nel 1579-84 come dicono i documenti e come si vede inciso sul fregio di trabeazione dell’edificio annesso – il cimitero vi fu affiancato solo a fine Ottocento –, Santa Maria della Consolazione è comune ai parrocchiani di S. Martino e S. Maria di Picenze, che fino agli anni Cinquanta-Sessanta del ‘900 vi si recavano in lunghe solenni processioni lo stesso pomeriggio di Pasqua. Essa si evidenzia come una delle rare costruzioni sacre abruzzesi a pianta centrica, collegandosi ad altre più antiche o coeve o poco più tarde chiese del territorio regionale, la trecentesca Santa Maria del Tricalle a Chieti, San Flaviano a Giulianova del 1470, le cinque-seicentesche Santa Chiara a Colle Paganica e la più nota Madonna della Pietà a Rocca Calascio, ed altre. Tutte intese o a rendere presente in loco il Santo Sepolcro di Gerusalemme, o a collegarsi al culto mariano, o ad esprimere l’ideale umanistico-rinascimentale dell’uomo centro dell’universo e misura di tutte le cose.
Di nitida pianta ottagonale, innestata ad una sacrestia-Rettoria a pianta rettangolare su due piani e con su svettante l’aguzza vela campanaria a tre fornici, la chiesa ottagonale di Picenze nel suo carattere tardo-rinascimentale si distingue da tutta la tradizione architettonica aquilana per la nettezza di disegno, l’accurata definizione delle superfici mediante lesene angolari tuscaniche e trabeazioni in pietra chiara su fondi ocra, l’eleganza delle forme delle monofore, del lunettone sulla strada e delle aperture scorniciate classicamente, con davanzali a mensole ed architravi, fregi e cornici, nonché il taglio preciso e polito della pietra. Caratteristico e gradevole altresì il ballatoio sul retro, sbalzante su ben disegnati mensoloni in pietra ed a cui si va per la scalea saliente sul lato breve della Rettoria. Nitido e nobile si dimostra poi il disegno architettonico dei due portali d’ingresso al luogo sacro: vani rettangolari incorniciati classicamente e inscritti in edicole a frontoni triangolari tra lesene corinzie scanalate sorgenti da alti stilobati. Da notare che fino al terremoto del 2009 la costruzione sacra era ancora accompagnata sulla destra da un cospicuo scomparso edificio-albergo, dagli eleganti portali e finestrature rinascimentali in pietra, a mostre scorniciate alla maniera classica e con davanzali a mensole ed architravi, fregi e cornici terminali come la porta e le finestre della Rettoria.
L’interno poligonale, con le otto facce definite da lesene ioniche festonate salienti fino alla copertura, offre subito al godimento, dati i due ingressi posti non su una facciata in asse all’altare bensì lateralmente, la visione della pregevole soffittatura piana a cassettoni su fascia di cornici a mensole, disegnata in una originale trama di ottagoni e di quadrati in reciproca osmosi su fondi dipinti a motivi floreali, ad eccezione del riquadro di centro su cui campeggia lo Spirito Santo raggiato. Sull’asse ortogonale a quello dei due ingressi, il lato Sud s’apre nell’arco trionfale dell’altare maggiore, un dossale in pietra mischia e marmi con mensa a svaso, dietro cui gira un’abside poligonale. Spazio, questo, che sul fondo s’apre in un portale rettangolare in pietra, dalle lesene ed il fregio turgidamente intagliati a tipiche candelabre e grottesche rinascimentali, sulla cui trabeazione s’innalza la fantasiosa oblunga marmorea edicola della Titolare della chiesa – la Vergine Maria – in affresco, con base a volute e chiusura a timpano curvilineo con puttini d’angelo. Portale, questo, che immette nella sacrestia voltata a lunette su peducci come le sale rinascimentali dei palazzi cinquecenteschi dell’Aquila. Dirimpetto all’altare, in asse, sfoggia la composizione lignea in verdi e ori della cantoria istoriata, cui furono purtroppo trafugati gli ornati, sbalzante sopra i due confessionali ed il lunettone di fondo, ed estollente le restanti lesene e trabeazioni del castello delle canne di un organo a tasti d’avorio e d’ebano ormai perduto. Tutto ciò per indicare quanta fede, cura, amore e magnificenza prodigavano gli avi per le case di Dio e le liturgie che vi si celebravano.
Altari laterali riempiono gli altri quattro lati dell’organismo spaziale ottagono. I due a fianco dell’abside, dai dossali ad incorniciature arcuate tra semicolonne scanalate e trabeazioni a frontoni triangolari ed acroteri, sono di evidente fattura tardo-rinascimentale del 1579-84 della fondazione della chiesa – in quello a manca si vede ancora affrescata una Pentecoste. Gli altri due ai lati della cantoria, dalle incorniciature pure templari a colonne corinzie e, sopra la trabeazione, con edicole quadre tra frammenti ricurvi di timpano attorno a riquadri centrali oggi vacui, si dichiarano essere d’innovazione o restauro sei-settecentesco, assieme anche alle mense svasate degli altari cinquecenteschi.
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